Pomeriggio di aprile

(Last Updated On: 2016-09-16)

Il debole venticello primaverile tremolava, con un tenero soffio, tra la luce scintillante dei raggi solari nei tuoi biondi capelli e mentre ti avvicinavi a me sentivo l’odore del tuo stordente profumo impregnare la fiacchezza del pomeriggio d’aprile dall’aria fresca, che i contorni della tua graziosa figura dissolverono nel giro di pochi istanti. Sollevasti su di me i tuoi occhi castani pieni di magia fiabesca all’ombra degli alberi di piazza Liszt spalancandomi di fronte il mondo affinché attraverso la nebbia dell’universo inimmaginabilmente sconfinato io possa osservare l’infinito in mezzo ai dubbi balenanti del mio stordimento, sperduto nello sfarzo di mille colori della tua bellezza inebriante.
Il minuto fuggente per lo spavento, all’udire la tua voce, si volatilizzò, messo in soggezione, quando i nostri volti si toccarono…
Ai tavoli da giardino del ristorante mi trafisse, come un fulmine dal sospiro silenzioso, il riconoscere che è un vero privilegio per me la tua vicinanza nei momenti di rinvenimento di un pomeriggio con la natura in fiore che ci abbracciava.
Non ti conoscevo… per questo potevo ritenere semplicemente che la tua bellezza era quella che mi aveva accecato stregandomi e aveva alterato tutto intorno a te facendolo diventare bello e prezioso.
Nel vortice iniziale che mi si era riversato addosso, nella superficialità delle scintille davanti ai miei occhi non riuscivo a vedere chiaramente tutto il tuo essere, mi era pervenuto soltanto ciò che la maggior parte delle persone vede quando ti ammira…
Ma il tempo che vola via inesorabile, con la sua incommensurabile costanza, ha tuttavia lasciato, ubbidiente, minuti sufficienti per comprendere che la mia mente possa veder avverarsi chiaramente tutto ciò per cui avrei voluto incontrarmi con te.
Le tante nuvole foriere di pioggia che correvano sopra le nostre teste avevano oscurato la potente luce dei riflettori intorno alla tua vita per farmi vedere per qualche minuto i tuoi veri valori alla luce del sole che faceva capolino pallidamente e senza forza tra le nubi.
Dopo averti ascoltata e dopo che i tuoi pensieri, che generavano dentro di me tante visioni, mi giunsero tra le ombre e in mezzo alla separazione dei brandelli della mia incredulità diventata sempre più reale, un impietoso istante penetrò in questo mondo idilliaco.
Ci separammo davanti al negozio della parrucchiera… la triste fiacchezza abbattutasi intorno, intrecciata e accomodatasi sulle panchine della piazza, si distese sul lastricato, lungo il quale dovetti camminare desolato e privato del sogno, trascinandomi nel vuoto opprimente della quotidianità sulla quale, senza di te, calò un grigio velo.
Attraversai la strada con lo sguardo vitreo, stordito e indebolito, diretto verso il ristorante dove, lì davanti, anche se solo per breve tempo, ho potuto vivere il miracolo e sono stato toccato da ciò che credevo dimenticato e inadatto per me e trasognato alla vista del tavolo ormai triste e malinconico, ridestando il tempo perduto nell’impenetrabilità del passato, e divenni consapevole che forse c’è ancora speranza…
Ti sono debitore di quei minuti che mi hai regalato avvicinandoti col tuo essere, poiché senza volerlo, quel pomeriggio di aprile con un debole venticello primaverile ho potuto scoprire ciò che cercavo da tempo, la cosa più sublime, Te, la mia musa…