La confessione

(Last Updated On: 2016-09-30)

 Indossavo il mio abito talare e abitavo ancora nel seminario quando si verificò questa insolita situazione nel corso di una messa domenicale. Non molto dopo aver ricevuto l’abito talare, sentii un gran bisogno di confessare, malgrado fossi stato consapevole che tale privilegio lo avrei avuto solamente dopo l’ordinazione a sacerdote. Con animo colmo di speranza e interesse, entrai di nascosto in uno dei confessionali dal lato del sacerdote, mentre i miei compagni seminaristi cantavano “Venite a me” in chiesa. La voce del cantore spiccava su tutte le altre e mi spinse subito ad agire, chiudendo la porta dopo essere entrato. Dopo un paio di classiche confessioni, entrò una giovane donna e mi salutò con “Sia lodato Gesù Cristo”.
– Mi confesso a Dio onnipotente e a lei, padre, perché ho commesso questi peccati dall’ultima volta che mi sono confessata – disse ripetendo il solito e noioso ritornello introduttivo, poi fece una lunga pausa.
– È qui? – chiesi avvicinandomi ai forellini che separavano i due compartimenti.
– Sono qui. Sto solo cercando di raccogliere i miei pensieri e i miei peccati – disse con voce controllata. Naturalmente attesi con devozione che lei continuasse, come si conviene ad un prete avvolto nel silenzio. A un certo punto riprese a parlare – Caro padre, i miei peccati sono molto gravi. Gravissimi. Forse sono addirittura imperdonabili.
– Figlia mia, Dio è buono e misericordioso e lui perdonerà i tuoi peccati, se ti rivolgi a lui con un cuore puro e sincero potrà vedere il tuo pentimento.
– Ho peccato! Sono caduta nel peccato, merito di essere dannata mille volte. Non esiste conforto o perdono per queste cose – affermò destando sempre più il mio interesse nonostante non avesse mai fatto allusioni ad un peccato e non sembrasse neanche pentita.
– Dapprima ho pensato che fosse la fragilità a spingermi nel mondo del peccato – confessò con determinazione – È stata forse la fragilità e l’incredibile attrazione che provavo per quell’uomo che mi aveva trovato là dove ero rinchiusa. Mi sono imposta di resistere, tutta tremante, ma ho fallito miseramente e ho dato la caccia alla mia preda con un insaziabile desiderio sessuale. Gli strappai i sacri vestiti di dosso in un impeto di passione malata. Gli graffiai la schiena, gli succhiai il collo. Tutti i miei desideri repressi giunsero al culmine e mi spingevano inconsciamente. Non riuscivo a resistere. Un ceffone mi riportò alla realtà, che ricevetti per un mio graffio più forte. Dopo non ci incontrammo più perché aveva paura. Continuava a crescere in me però il desiderio e in mancanza di un uomo, cercai consolazione con una donna che viveva con me sotto lo stesso tetto. Fece l’amore con me piangendo e tremando. Fu allora che capii ciò che volevo veramente. La sua paura eccitò ancora di più il mio insaziabile desiderio di raggiungere l’orgasmo. Così la volta successiva che ci siamo incontrate, cosa inevitabile, l’ho picchiata e umiliata di santa ragione. Non poteva fuggire da dove vivevamo, così potevo tiranneggiare su di lei, l’ho messa a disagio, l’ho fatta diventare la mia schiava e torturavo ininterrottamente la sua anima e il suo corpo, allo stesso modo. Mi sentivo sempre più a mio agio, così comprai un paio di manette e la ammanettai al letto di ferro e godevo nel vederla soffrire. – A questo punto interruppe la confessione e mi ci vollero alcuni secondi per ritrovare la voce.
– Dunque, figlia mia, non c’è alcun dubbio che Satana si sia impossessato di te. Il maligno ha posseduto la tua anima e domina sul tuo corpo. La penitenza non sarà sufficiente, anche se te ne darò tanta, a piene mani. Penso che hai bisogno d’un medico. Cerca prima possibile uno psicologo il quale, si spera, sarà in grado di farti rientrare nei ranghi adeguati dopo una lunga terapia.
– Padre, per favore, mi assolva, mi dia una penitenza pesantissima. Voglio liberarmi! – implorò.
Va da sé che non lesinai padrenostri, avemarie e tutto il rosario da recitare più volte al giorno. La donna che si era confessata si allontanò subito dopo e poiché quest’attività mi aveva estenuato, uscii anch’io dal confessionale. Non riuscivo a vederla da nessuna parte. Anzi, non vedevo nessuno intorno ai confessionali. Era semplicemente scomparsa. Uscii dall’area del confessionale dirigendomi a pochi passi dalla porta che collega la chiesa e il seminario. Durante la messa il corridoio era sempre deserto, per tutto il tempo che ho vissuto lì, dato che lo utilizzavamo solo noi. In quel momento però una figura scivolò veloce e scomparve lungo uno dei corridoi in un batter d’occhio. Rimasi lì sbigottito e sentivo il battito delle scarpe allontanarsi sempre di più e poi perdersi del tutto tra i freddi ed antichi muri del cupo seminario. Ancora oggi non ho idea di chi si nascondesse sotto quei vestiti familiari, malgrado che sicuramente l’avevo già incontrata più volte prima, dato che la persona che scappava era una suora.